Dopo aver parlato di come sia possibile utilizzare il digital marketing per il non profit ed aver visto quali aspetti non possiamo assolutamente trascurare nella nostra mini guida pratica, è arrivato il momento di analizzare un po’ più nel dettaglio tutti quegli strumenti che possono concretamente supportare la crescita e le iniziative di una organizzazione. Per iniziare, abbiamo deciso di parlare del crowdfunding e del digital fundraising, due modalità di raccolta fondi largamente diffuse nell’attivismo online, e di come inserirli all’interno di una strategia di marketing.
Per la loro natura dichiaratamente non finalizzata al profitto e per le leggi che regolamentano l’operato del terzo settore, le organizzazioni no profit possono impegnarsi in iniziative di tipo commerciale soltanto se queste non costituiscono lo scopo principale dell’ente e se i guadagni da esse derivati verranno destinati agli obbiettivi sociali che l’associazione si propone di perseguire. Queste limitazioni, associate alla scarsità dei contributi devoluti dalle amministrazioni pubbliche e alle importanti risorse che le attività associative spesso richiedono, hanno fatto delle raccolte fondi una delle fonti di sostentamento più diffuse e utilizzate dalle organizzazioni senza scopi di lucro.
Le azioni finalizzate al finanziamento di un progetto, o semplicemente alla raccolta di una somma da investire nelle attività di un ente, hanno trasformato le proprie sembianze di pari passo con la società e lo sviluppo tecnologico: se negli scorsi decenni le collette avvenivano principalmente in forma diretta, generalmente in luoghi pubblici in cui fosse possibile intercettare passanti potenzialmente interessati, la crescente diffusione delle piattaforme social ha portato questo genere di pratiche ad espandersi anche ai luoghi di incontro virtuali, colonizzando il mondo della rete.
Questa evoluzione ha ovviamente comportato alcune profonde modifiche rispetto alle modalità e nelle logiche organizzative delle raccolte fondi tradizionali, portando alla nascita di processi collaborativi inediti profondamente radicati nelle dinamiche social digitali. Tra i più diffusi compaiono quelli che intendiamo affrontare in questo articolo, ossia il crowdfunding e il digital fundraising.
Quando si parla di raccolte fondi digitali spesso si tende ad assimilare crowdfunding e digital fundraising amplificandone le somiglianze e mettendo in secondo piano ciò che li contraddistingue. In affetti questi due termini identificano pratiche molto simili tra loro, che spesso agiscono sinergicamente, e saperne riconoscere le particolarità può diventare davvero difficoltoso.
Per cercare di capire meglio cosa siano e come si differenzino sarà bene partire dal concetto più ampio di fundraising, che abbraccia al suo interno tutte quelle modalità di azione finalizzate alla raccolta fondi con lo scopo di finanziare un’iniziativa, un progetto, una azienda o una organizzazione. Tanto il digital fundraising quanto il crowdfunding fanno parte di questa grande famiglia: entrambi i termini, infatti, designano propriamente una raccolta di denaro, destinato al sostentamento di un ente o alla realizzazione di un obbiettivo specifico, in cui è possibile donare tramite uno specifico canale online.
Ma allora, cosa li differenzia? Per prima cosa possiamo dire che, pur portando potenzialmente risultati simili, concettualmente si sta parlando di due pratiche profondamente diverse. Quando si parla di crowdfunding, infatti, ci si riferisce ad un processo collettivo di finanziamento dal basso, in cui una molteplicità di persone decide di offrire un contributo spontaneo a sostegno di qualcosa: generalmente, in questi casi, le donazioni consistono in piccole cifre indirizzate ad un progetto molto specifico e verranno raccolte in un periodo limitato di tempo.
Il digital fundraising, al contrario, come concetto presenta un aspetto molto più articolato. Composto da una parte strategica e da una operativa, il fundraising digitale rappresenta un’espressione dell’organizzazione stessa che, attraverso i propri canali comunicativi, si mobilita per ricercare sostenitori disposti a finanziare il proprio operato. Diversamente dal crowdfunding, quindi, il digital fundraising può essere considerato un processo maggiormente incentrato sul dialogo tra ente e sostenitore, con tutto ciò che questo comporta. Infatti, se il crowdfunding tende solitamente ad esaurirsi in una donazione unica con una gratificazione immediata (data dalla soddisfazione di aver contribuito alla realizzazione di un’iniziativa o da un beneficio tangibile offerto in cambio della donazione), il digital fundraising permette invece di istaurare con i donatori un rapporto più stabile e duraturo, che può facilmente condurre ad un sostegno continuativo nel corso del tempo.
Una volta chiarite queste sfumature concettuali risulta piuttosto evidente come questi due strumenti possano essere facilmente integrati tra loro massimizzandone i benefici. Nell’elaborare una fundraising strategy, infatti, si può ad esempio pensare di includere il lancio di alcune raccolte fondi specifiche finalizzate a sostenere la partenza di un nuovo progetto: in questo modo il crowdfunding potrà beneficiare dell’opera comunicativa di lungo termine portata avanti dall’organizzazione allo scopo di ottenere nuovi donatori, portando ulteriori risorse da integrare a quanto l’associazione aveva deciso di investire in quella particolare iniziativa. Inoltre, l’utilizzo del crowdfunding all’interno di un contesto simile potrebbe avere anche un importante ritorno in termini di acquisizione di dati e di visibilità. Dedicare una colletta ad un obbiettivo specifico, infatti, potrebbe rendere più chiaro alle persone di cosa ci occupiamo e allo stesso tempo fornire a noi informazioni importanti sulla sensibilità del nostro pubblico a un determinato argomento.
Se si decide di iniziare ad approcciarsi a questo tipo di strumenti, uno degli errori in cui si può più facilmente incorrere è quello di considerarli niente più che la variante virtuale di una semplice raccolta fondi. Sebbene il concetto che risiede alla base del crowdfunding, del digital fundraising e di una colletta tradizionale sia pressoché lo stesso, questi tre elementi hanno delle caratteristiche specifiche diverse che li portano a rispondere a logiche profondamente differenti tra loro.
Per farsi una idea di ciò basti pensare che se nella realtà la contingenza può giocare un ruolo importante nel mettere in contatto domanda e offerta, nel web la casualità risulta praticamente annullata. Per fare un esempio pratico possiamo immaginare di trovarci nella piazza centrale della nostra città, nel bel mezzo di una passeggiata domenicale, e incontrare casualmente uno stand impegnato a promuovere una causa di cui non sappiamo nulla: come ci comporteremmo?
Ovviamente tantissimo dipenderebbe da alcune nostre personalissime inclinazioni, dal tempo a nostra disposizione, dalla nostra sensibilità e dall’umore con cui si siamo svegliati quella mattina, ma molto difficilmente saremmo portati a devolvere una somma del nostro denaro seduta stante. Anche con tutta la buona volontà, potrebbero sorgerci alcune domande che difficilmente potrebbero trovare una risposta soddisfacente nell’immediato, e così abbandoneremmo il banchetto senza aver donato nulla. Nella migliore delle ipotesi potremmo ripensarci nei giorni successivi, approfondire la questione e riflettere sul fatto che ci sarebbe piaciuto supportare una realtà così impegnata in una causa così importante, ma ci sono ottime probabilità che il banchetto non sia più lì e quindi questo non si trasformi mai in un contributo concreto.
Quando si parla di crowdfunding e digital fundraising invece le cose assumono tratti molto diversi. Per prima cosa sul web niente capita per caso: tutto ciò che scorre sul nostro schermo ci viene proposto sulla base delle nostre attitudini e dei nostri interessi, attraverso una profilazione più o meno puntuale delle nostre attività. Quello che vediamo, quindi, è quasi sempre qualcosa che potrebbe interessarci e a cui, avendone la possibilità, saremmo probabilmente propensi a dedicare del tempo. In secondo luogo, lo stand virtuale in cui fare la donazione non si trova in un punto preciso e per una durata di tempo limitata, ma generalmente può essere facilmente raggiunto con un semplice click, in qualsiasi momento della giornata.
In altre parole, è come se il banchetto incontrato nella passeggiata domenicale restasse aperto giorno e notte e fosse collocato in tutti i posti a voi comodi, in modo che possiate approfondire la causa promossa (che sarà molto probabilmente di vostro interesse) e donare in qualsiasi momento vi sentiate pronti. Oltre ad essere molto più comodo, l’utilizzo del digital offre anche altri benefici. Primo fra tutti, la possibilità di raggiungere molte più persone potenzialmente interessate e, sfruttando le logiche del digital marketing, accompagnarle in tutto il percorso che affronteranno prima di decidere se e quanto donare.
Il processo che porta qualcuno a finanziare una causa può essere facilmente ricondotto al funnel, ossia quell’insieme di micromomenti che ognuno di noi vive prima di decidere di acquistare un qualsiasi prodotto. Dopo aver scoperto l’esistenza della problematica che l’organizzazione si propone di affrontare ed esserne rimasto colpito, infatti, l’utente difficilmente sarà pronto ad investire nel nostro operato, piuttosto potrebbe aver bisogno di approfondire la questione, indagando le tematiche a essa connesse e il nostro modo di agire, o quali sono le caratteristiche che ci differenziano da quanti si muovono nella nostra stessa direzione.
Gli strumenti messi a nostra disposizione dal digital marketing ci permettono di riconoscere queste fasi e di guidare il nostro donatore fino al momento finale, ottimizzando il rendimento del fundraising. Che si tratti di crowdfunding o digital fundraising, quindi, quando si decide di utilizzare uno strumento di questo tipo sarebbe bene integrarlo all’interno di una strategia digital di ampio respiro, che sappia coprire tutti i momenti del funnel portando ad una donazione il quanto più possibile spontanea. L’idea che deve guidare il nostro atteggiamento nei confronti del marketing, infatti, non è quella di “convincere”, bensì quella di “accompagnare“: come dei piccoli Virgilio dalle più umili vesti siamo invitati a condividere con l’utente le nostre conoscenze in modo che lui stesso possa compiere quel processo di maturazione individuale che lo porterà a riconoscere la validità della nostra causa e il valore del nostro operato.
In questo percorso che percorriamo accanto ai nostri futuri donatori, la psicologia delle persone con cui ci troviamo a che fare deve avere per noi la massima priorità: in ogni micromomento del funnel dobbiamo interrogarci sul tipo di emozioni che vogliamo suscitare nei destinatari della nostra campagna perché la donazione sia per loro il più soddisfacente possibile. Nell’elaborare la nostra strategia di marketing digitale non dobbiamo cadere nell’errore di considerare il momento della donazione come una semplice transazione di denaro: spostando il focus del nostro interesse da noi all’utente (in altre parole potremmo dire “adottando una strategia customer oriented“), dobbiamo immaginare quel click finale come il coronamento di una piccola ambizione personale al fare la differenza.
Curare quella sensazione per cui anche il più piccolo contributo può giocare un ruolo significativo significa includere l’utente in una rete, farlo sentire parte di un tutto che può e vuole cambiare qualcosa. In questo processo la donazione non è che il momento apicale, il soddisfacimento di un bisogno che per una buona causa abbiamo contribuito a creare, il coronamento del sogno di partecipare a qualcosa di significativo per la collettività.
Pur rappresentando l’obbiettivo che ci eravamo prefissi di raggiungere, non dobbiamo però credere che l’offerta costituisca il momento finale del nostro percorso. La relazione instaurata con le persone che ci hanno offerto il loro supporto, infatti, merita di essere curata: offrire la possibilità di restare in contatto con l’organizzazione può aiutare l’associazione a crescere e quanti hanno donato a mantenere nel tempo il loro impegno nel sostegno alla causa. Oltre a rappresentare una importante risorsa sul piano economico, la fidelizzazione dei donatori può anche contribuire ad ampliare la rete di contatti dell’organizzazione portando ulteriori supporter.
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