Come abbiamo già visto nel nostro articolo dedicato al marketing per il no profit, fare pubblicità in modo etico non solo è possibile ma può essere anche molto vantaggioso. Le risorse offerte dal marketing possono aiutare un’organizzazione a trovare nuove persone che ne condividano gli obbiettivi, permettendole di ampliare la propria platea associativa e quindi di trovare nuovi fondi per finanziare le sue attività. Abbiamo parlato del branding, del purpose e degli scopi che l’associazione pone come scopo ultimo del suo operato, insistendo sull’importanza di creare un legame che permetta all’utente di riconoscersi nei valori dell’ente, ma come fare praticamente? Cosa vuol dire fare marketing per il non profit in pratica?
Ovviamente le cose da dire sull’argomento sarebbero tantissime, ma abbiamo deciso di iniziare da qualche piccolo consiglio che possa aiutare chiunque lo desideri a promuovere la propria organizzazione. Una mini guida pratica al marketing per il no profit insomma, in cui concederci qualche piccola riflessione sugli aspetti da non tralasciare assolutamente, sugli strumenti che potrebbero rivelarsi più utili e su quali siano le modalità più efficaci per utilizzarli.
La prima questione con cui dovremmo confrontarci nel momento in cui decideremo di promuovere la nostra organizzazione sarà decidere quali canali utilizzare, e quindi chiederci se sia meglio sfruttare i media tradizionali oppure utilizzare gli strumenti messi a nostra disposizione dalle nuove tecnologie. Ovviamente non è detto che una opzione escluda l’altra e non esiste una risposta giusta in senso assoluto: la nostra scelta dipenderà dai nostri obbiettivi, dal nostro target di riferimento e dal budget a nostra disposizione.
Per elaborare una strategia di marketing, infatti, bisogna innanzitutto chiarire quali siano gli obbiettivi che ci proponiamo di raggiungere e qual è il punto da cui partiamo: cosa vogliamo ottenere? qual è il traguardo che vogliamo tagliare? Che risorse possiamo e vogliamo investire nell’impresa? Una volta definito ciò possiamo iniziare a scendere un po’ più nel dettaglio e chiederci chi siano le persone a cui vogliamo rivolgerci e quali siano i mezzi più adeguati per raggiungerle e costruire un dialogo.
Fare queste valutazioni ci aiuterà a rispondere consapevolmente alla domanda da cui eravamo partiti, permettendoci di scegliere su quali media concentrare impegno e risorse. In questa piccola guida ci occuperemo principalmente del marketing digitale, lasciando in secondo piano le possibilità offerte dai media tradizionali. Abbiamo fatto questa scelta perché, senza nulla togliere alle modalità promozionali tradizionali, riteniamo che il digital marketing possa incontrare maggiormente le esigenze delle realtà no profit e sposarne più facilmente le logiche comunicative.
Le modalità utilizzate dai media tradizionali possono infatti essere ricondotte ad un modello comunicativo one-to-many, ossia un modo di porsi in cui l’organizzazione o l’azienda si rivolgono al pubblico considerandolo come una massa omogenea e tendenzialmente passiva: l’ente trasmette un unico messaggio che tutta la platea è invitata ad ascoltare. Al contrario il digital tende sempre più ad orientarsi verso una comunicazione one-to-few (o addirittura one-to-one), che permette di stabilire un rapporto più intimo con il proprio audience e di proporgli quindi contenuti creati tenendo conto della sua sensibilità. Considerata l’importanza dell’aspetto sociale per il no profit e il ruolo fondamentale che l’empatia ricopre nella decisione di sostenere le iniziative di un ente senza scopo di lucro, abbiamo pensato che questo aspetto fosse da non sottostimare.
Non bisogna poi sottovalutare l’aspetto economico: pur non essendo necessariamente meno costoso, il digital marketing si rivela spesso più versatile e consente di adattare le strategie alle possibilità degli enti. I risultati delle campagne, inoltre, possono essere valutati con maggior precisione ed è quindi più semplice massimizzare l’efficienza delle iniziative che si decide di intraprendere: capire quali azioni stiano realmente portando benefici permette di limitare gli sprechi e concentrare le risorse dove è sarà più probabile ottenere un ritorno.
Una volta chiarite le opportunità che le risorse del digital possono offrire, non resta che capire come muoversi per cercare di raggiungere gli obbiettivi prefissati.
Come abbiamo già detto, gli strumenti da utilizzare all’interno di una campagna andranno scelti analizzando di volta in volta la situazione particolare, ma ci sono alcuni elementi che non possono essere mai lasciati indietro: tra questi i più importanti sono indubbiamente il sito web e la sua user interface.
Il sito web può essere considerato la sede virtuale dell’organizzazione, un luogo immateriale in cui l’utente ha la possibilità di scoprire le attività proposte dall’ente, i suoi valori, la sua missione e le persone che lo compongono, per questo è necessario che venga sviluppato ed aggiornato tenendo conto della personalità del brand e di tutte le sue più varie declinazioni. Più sarà facile ed intuitivo navigare all’interno del website, più le persone saranno invogliate a farlo, e nel farlo avranno la possibilità di approfondire progressivamente la conoscenza dell’associazione e di sposarne gli obbiettivi. Perché la navigazione sia piacevole è necessario che la piattaforma venga progettata e sviluppata tenendo conto della user experience che si vuole offrire a chi dovrà visitarla, tenendo conto del target a cui ci si sta rivolgendo.
Se alcuni aspetti dipendono dal pubblico di riferimento, altre caratteristiche vanno invece curate a prescindere dal tipo di utente a cui ci si rivolge: queste sono l’estetica, la funzionalità e l’usabilità.
L’estetica direi che non ha bisogno di presentazioni: ci si riferisce a come il sito appare all’utente, ai colori scelti, al layout, alla forma dei menù e al font utilizzato. Perché l’estetica sia piacevole, accattivante e rispecchi l’identità del brand è importante che riproponga tutti quei caratteri che rendono l’organizzazione riconoscibile visivamente, utilizzando ad esempio i colori del logo o immagini che siano in linea con la filosofia dell’organizzazione.
Quando si parla di funzionalità, in questo caso, si fa riferimento alla capacità del sito web di sostenere il traffico in entrata senza andare in crash, assicurando tempi di caricamento molto limitati e rendendo possibile la navigazione da qualsiasi dispositivo. Se il sito sarà in grado di assicurare tutto ciò a quanti lo visitano, questi saranno invogliati a trascorrerci più tempo, a tornarci e a invitare altra gente a visitarlo.
Strettamente legata alla funzionalità, ma profondamente differente, è la usability (o usabilità), un altro elemento da tenere in grande considerazione. La usabilità consiste nella facilità di utilizzo della piattaforma, nonché nella sua capacità di rispondere alle esigenze degli utenti. Tanti fattori possono incidere sulla usability, dal design (che, se troppo confusionario, potrebbe rendere difficoltoso un corretto utilizzo dei menù di navigazione) alle funzioni che il sito offre. Per assicurarsi una buona usabilità è importante che il website possa rispondere a tutte le esigenze degli utenti, senza che la sua funzionalità ne risenta: soltanto un buon compromesso tra estensioni e rapidità di utilizzo potranno assicurare una user experience soddisfacente.
Una volta progettata la struttura del website in modo da offrire a quanti lo visiteranno una user experience il più piacevole possibile, dovremmo iniziare a concentrarci sui contenuti che lo animeranno. Perché l’utente possa dirsi soddisfatto della navigazione, curare soltanto gli aspetti più tecnici non è sufficiente: è necessario che l’esperienza permetta alla persona di trovare ciò che stava cercando, e, preferibilmente, che ne stimoli la curiosità invogliandola ad approfondire le tematiche di cui ci occupiamo. Nel digital marketing le informazioni ricoprono un ruolo fondamentale, infatti, è proprio attraverso lo scambio di dati che si costruisce il rapporto tra l’utente e l’organizzazione.
Se presentata in questo modo la questione potrebbe sembrare fredda e impersonale, non bisogna assolutamente lasciarsi ingannare dalle apparenze: riuscire a conoscere le caratteristiche delle persone interessate al nostro operato ci aiuterà a capire meglio cosa possiamo offrire loro, in che modo potremmo essere loro di aiuto e, in alcuni casi, quali aspetti della nostra comunicazione sarebbe bene che migliorassimo. Allo stesso tempo, mettere a disposizione del pubblico la nostra esperienza, le competenze che ci contraddistinguono, il racconto di ciò che facciamo e dei motivi che ci spingono ad occuparci di determinate problematiche aiuterà le persone a conoscerci meglio e ad acquisire una maggior sensibilità in merito alle tematiche che trattiamo.
La content creation (o creazione di contenuti, che dir si voglia) rappresenta quindi un mezzo importantissimo per entrare in relazione con il nostro pubblico, ma come possiamo sfruttarne al massimo le potenzialità?
Per riuscire a cogliere tutte le possibilità che questo canale mette a nostra disposizione dobbiamo partire dalla circostanza che ci permetterà di inaugurare il dialogo con l’utente, ossia il luogo in cui questo scambio di informazioni effettivamente avverrà. Il web mette a nostra disposizione diversi spazi virtuali in cui coltivare questo rapporto, ma possiamo individuarne tre che nessuna organizzazione interessata a fare promozione digitale dovrebbe ignorare: il sito web proprietario, la SERP e i social network.
Come abbiamo già visto, il website di un’organizzazione rappresenta un biglietto da visita irrinunciabile, da curare tanto nel design e nella funzionalità quanto nei contenuti. Perché un sito web possa essere accogliente, infatti, non basta che funzioni bene, ma è necessario che contenga tutte quelle informazioni utili all’utente per conoscere l’ente ed eventualmente mettersi in contatto con lui. Quante più saranno le informazioni pertinenti che il sito conterrà, tante più alta sarà la probabilità che le persone che lo visiteranno capiscano il valore di quel che stiamo facendo.
Uno degli errori che gli enti no profit fanno più spesso è quello di credere che le problematiche di cui si occupano siano evidenti a tutti, mentre solitamente la realtà è ben diversa. Ogni organizzazione è abituata a conoscere dall’interno le questioni che la interessano, padroneggiandone anche gli aspetti più complessi e contro intuitivi, mentre il grande pubblico non ha che un’idea approssimativa della situazione e crea nel suo immaginario ipotesi di possibili soluzioni generalmente irrealistiche: questa differente percezione delle tematiche trattate può rendere molto difficile il dialogo, portando così ad allontanarsi anche persone che, se potessero contare su una maggior consapevolezza, non avrebbero dubbi nel condividere gli obbiettivi dell’organizzazione.
Curare i contenuti e la comunicazione del proprio sito web, quindi, non significa soltanto occuparsi dell’immagine che l’organizzazione offre di sé, ma può rappresentare una vera e propria opera didattica di sensibilizzazione funzionale agli scopi che l’ente si propone di raggiungere. Condividere le nostre conoscenze aiutando le persone a comprendere meglio ciò di cui ci occupiamo aiuterà a costruire un rapporto di fiducia e stima reciproca, avvicinando il pubblico alle tematiche che più ci sono care.
Lo scambio di informazioni, poi, potrebbe facilmente diventare bidirezionale. Potremmo, ad esempio, offrire agli utenti la possibilità di iscriversi ad una newsletter che li tenga aggiornati sulle nostre attività, o di registrarsi per accedere ad alcune iniziative specifiche: in tal modo avremo la possibilità di raccogliere i loro contatti, nonché alcuni dati importanti che ci possono aiutare a capire meglio chi sono le persone interessate a ciò di cui ci occupiamo e come relazionarci con loro nel migliore dei modi.
Perché gli utenti possano apprezzare i contenuti con cui abbiamo deciso di arricchire la nostra piattaforma è necessario che innanzitutto arrivino a visitare il sito. Ma come intercettarli senza essere invadenti?
Un ottimo luogo di incontro potrebbe essere la SERP (Searching Engine Result Page), ossia la lista di risultati che Google ci propone nel momento in cui facciamo una ricerca. Quando decidiamo di fare un’interrogazione, infatti, dimostriamo già un qualche interesse riguardo l’argomento, una curiosità che il motore di ricerca tenta di soddisfare proponendoci contenuti che possano rispondere al quesito che gli abbiamo proposto. L’ordine con cui i risultati compaiono all’interno della SERP dipende da tantissimi parametri che in questo momento non approfondiremo, ma tende generalmente a porre nelle prime posizioni quelle pagine che l’algoritmo ha ritenuto essere più adatte a rispondere alla nostra domanda.
Quindi, più saranno numerosi, approfonditi e rilevanti gli argomenti che tratteremo, più sarà facile che il nostro sito appaia tra i risultati di una ricerca. Per aumentare le nostre probabilità di essere scelti è necessario che la piattaforma e i contenuti che decidiamo di pubblicare al suo interno siano SEO friendly, ossia che presentino alcune caratteristiche che potrebbero aiutare lo spider a riconoscerli come meritevoli di attenzione.
Per quanto possa sembrare difficile e impegnativo, riuscire ad apparire all’interno della SERP può essere molto utile per farsi conoscere, e i contenuti, specialmente in questo caso, giocano davvero un ruolo importantissimo: oltre a conquistare il lettore, infatti, dei contenuti SEO oriented aumenteranno anche la visibilità del sito, portando molte più persone a scoprire l’operato dell’organizzazione.
Sempre più diffusi e articolati, i social network rappresentano una grandissima risorsa nel marketing per il no profit. Popolate da persone di ogni età, genere ed estrazione sociale, queste piattaforme consentono di instaurare con l’utente un vero e proprio dialogo, rafforzando la relazione tra l’organizzazione e quanti si dimostrano interessati alle sue attività.
All’interno di questo contesto i contenuti assumono un valore ulteriore: oltre a mostrare ciò di cui l’ente si occupa, contribuiscono a far sorgere conversazioni, permettendo al pubblico di discutere delle tematiche trattate e aiutandolo a fare rete attorno all’organizzazione. Offrendo informazioni, approfondimenti e spunti di riflessione, quindi, con una buona opera di social media management, possiamo dar vita ad una vera e propria community disposta a riconoscere il nostro valore e a supportarci nel nostro agire.
Oltre a costruire legami, inoltre, i confronti che avvengono all’interno dei social network ci permettono di ottenere tantissime informazioni a cui altrimenti potremmo difficilmente aver accesso, aiutandoci a conoscere meglio le persone a cui ci rivolgiamo. Sapere cosa contraddistingue la gente con cui abbiamo a che fare può rivelarsi molto importante per elaborare una strategia comunicativa efficace: perché il messaggio che vogliamo esprimere possa essere recepito correttamente, infatti, dobbiamo riuscire a modularlo in base alle possibilità e alle aspettative di chi abbiamo di fronte.
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